Il sentimento positivo è civiltà.
Invidia, gelosia, irriconoscenza, ingratitudine, cattiveria, rancore, pettegolezzo e potrei continuare nello snocciolare una serie lunga di sentimenti -negativi- che molto spesso albergano nei pensieri, nelle menti delle persone del sud.
Chi di noi non ha mai avuto uno di questi pensieri, scagli la prima pietra!
Eppure, questa insana attività, quotidiana e a volte ossessiva, è devastante -per chi la pratica e chi ne è oggetto, a volte inconsapevole- e penalizzante per la costruzione di una coesione sociale come base delle società più evolute e avanzate, per determinare la forza, l’unione, la collaborazione collettiva, capace di tradursi nella capacità delle comunità locali di produrre progetti, idee, azioni condivise e di emancipazione, attraverso nuovi livelli di civiltà.
Dunque si tratta di una sottile, malvagia, abitudine -che riguarda non solo il sud, ma ampie parti del nostro Paese- che preclude ogni possibile passo in avanti, anche solo nelle relazioni interpersonali, pregiudica la fiducia e il dialogo, genera conflitti, aumenta il disagio sociale piuttosto che la coesione.
Non si mette in discussione in queste righe la critica, sana e costruttiva, non il giudizio che può far emergere, positivamente, contraddizioni e correggerle, bensì si fustiga il pettegolezzo, la calunnia quel “venticello che si insinua nelle orecchie della gente, s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar” (il Barbiere di Siviglia), accompagnata sempre da una certa ipocrisia, e a volte insidiosa cattiveria. “U picciu” (il malocchio!), l’invidia per l’altro che è riuscito, l’irriconoscenza per chi, senza scopi, ha aiutato l’altro, il pettegolezzo e la calunnia -che si portano dietro il non riconoscere la verità, bensì distorcerla a proprio fine- divengono sentimenti e azioni dominanti, confabulazioni, affermazioni negative basate su dicerie, che non offrono quasi mai informazioni veritiere, ma sempre distorte, e non di rado nascono da frustrazioni personali e si traducono in “vendetta”. Insomma, niente di questi negativi atteggiamenti individuali o di gruppo, sono compatibili con un processo di crescita personale, collettiva, sociale, civile, “e il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte ha crepar”, così distruggendo ogni avanzamento, ogni progresso, individuale e collettivo, ogni successo, che genera invidia piuttosto che piacere e soddisfazione, gioia per obiettivi raggiunti.
Nelle società più organizzate, questi processi vengono gestiti a partire da una diversa, intensa campagna di educazione nelle famiglie e nelle scuole, sostenute da istituzioni avanzate, con insegnamenti volti a riconoscere il talento, a fustigare le gelosie per i successi altrui, a elogiare la riconoscenza, a lenire e rimuovere il rancore (da noi la base solida delle faide!), sostenendo una modello di società in cui questi e altri nuovi valori civili siano basi per la ricostruzione di un percorso di rinascita, dove il sentimento positivo si traduce in civiltà.
Se ieri, come oggi, un ingrediente principale può essere identificato quale argine alle negatività descritte, questo è nei semi positivi e perenni della cultura, quella non effimera, non episodica, non aulica, ma diretta a cambiare le menti e le coscienze.
Vincenzo Padula, forse la più illustre vittima della calunnia, pettegolezzo, invidia che Acri ricordi, ci ha insegnato che proprio con la cultura si possono vincere battaglie importanti e sconfiggere ignoranza e arroganza. Non dimentichiamo questo esempio straordinario e torniamo a praticarne i semplici insegnamenti, oltre ogni retorica, ma nella sua pura essenza di messaggio civile e colto ancora vivo in noi!
Pino Scaglione