Rocco Scotellaro, poeta e sindaco dei contadini
La vicenda umana di Rocco Scotellaro è emblematica sotto molti aspetti ed è per questo che abbiamo deciso di sottoporla ai nostri lettori, specie ai più giovani, perché paradigmatica di un certo modo di procedere e di una certa mentalità, che sbaglieremmo a ritenere superata.
Nato a Tricarico, paese agricolo di poco più di 5.000 abitanti nel materano, nel 1923, morì a Portici, giovanissimo, nel 1953. Nella sua pur breve vita, Scotellaro ci ha lasciato un’indelebile testimonianza artistica con la raccolta di poesie “Si è fatto giorno” (Premio Viareggio) e con due opere pubblicate postume: “L’uva puttanella” e “Contadini del Sud”.
Non è, oggi, della straordinaria valenza poetica di Scotellaro – cantore ineguagliabile del mondo contadino e dei deboli – ma della sua vicenda umana e politica. Scotellaro divenne Sindaco di Tricarico giovanissimo, a soli 23 anni, interpretando il suo mandato come missione a favore degli umili e dei più deboli. Partecipò con i braccianti alle occupazioni delle terre degli anni ’49 e ’50. Si mosse sempre con azioni a favore dei poveri, dividendo i suoi pasti e i stessi magri proventi con chi ne aveva maggiormente bisogno.
Scotellaro fu sindaco amatissimo, al punto che, nonostante lo spostamento a destra dell’Italia del 1948 e della sua regione, verrà rieletto.
Il poeta contadino, intrepretando alla lettera il suo mandato politico e schierandosi sempre a favore dei più deboli e contro i prepotenti, dava enormemente fastidio. Era visto come fumo negli occhi in una regione ritornata in gran parte sotto il controllo dei vecchi gruppi dirigenti, passati dal fiancheggiamento della dittatura all’appoggio al partito di governo (D.C.) con la benedizione delle gerarchie ecclesiastiche. Bisognava, pertanto, trovare il modo di neutralizzarlo. Venne confezionata ai suoi danni una falsa accusa di peculato, per la quale venne incarcerato e tenuto in galera per quasi due mesi, nonostante non sussistesse né il pericolo di fuga né quello di inquinamento delle prove. La carcerazione aveva il valore simbolico di intimidazione e distruzione dell’immagine pubblica di un uomo politico rieletto dalla popolazione, nonostante il mutare degli equilibri politici.
La Corte d’Appello di Potenza riconoscerà l’innocenza dell’imputato e la falsità delle accuse, sottolineando le motivazioni politiche e non giudiziarie del procedimento. In tutta la vicenda si inserirono – cosa non tramontata nemmeno ai giorni nostri – speculatori di ogni ordine e grado, che avviarono una campagna diffamatoria vile e strisciante. La stampa venne usata come strumento larvato di linciaggio. Gli speculatori fecero perno su un manipolo di giornalisti senza spina dorsale, che si prestarono alla bisogna (nihil sub sole novi!).
Scotellaro potè lasciare il carcere ma decise, al contempo, di lasciare la carica di sindaco di Tricarico e l’impegno politico diretto.
La vicenda del poeta lucano non rappresenta solo un episodio di cattiva giustizia; resta come uno dei simboli di una democrazia fortemente incompiuta nella quale il vecchio Stato fascista – per incarico di un ceto politico passato senza nessuna scossa dal regime alle regole inapplicate della democrazia – si è prestato a un episodio di semplice epurazione. Scotellaro aveva visto in quel processo e in quella carcerazione preventiva il segno dell’ostilità di quello Stato che aveva ritenuto di servire a favore dei suoi contadini di Tricarico.
Massimo Conocchia
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