La bonifica del Vallo del Crati.
La bonifica del Vallo, come comunemente si diceva un tempo la Valle del Crati, iniziata, in qualche modo sotto i Borbone, fu, poi, sospesa.
Quella bonifica era richiesta da Cosenza e paesi, che si affacciavano sul Vallo, perché le acque stagnanti erano ritenute, per i miasmi, causa della malaria. All’epoca, infatti, non si attribuiva la trasmissione del terribile male alla zanzara anofele.
Acri nel 1836 aveva chiesto al re la concessione di una fiera da tenersi a Macchia, la contrada attualmente detta Macchia di Baffi, perché altre fiere in paesi posti sul Vallo costituivano pericolo di contrarre la malaria da parte dei concittadini e di quanti si recavano a vendere o comprare i prodotti. La fiera non fu concessa.
Sono immaginabili le pressanti richieste, per quella bonifica che tardava a venire.
Subentrati i Savoia ai Borbone, nel 1872 si aspettava, ancora, che si ponesse mano ai lavori.
Nella seduta della Camera del 18 maggio di quell’anno si discuteva il progetto di legge per la bonifica della Valle del fiume Piccolo, nei pressi di Brindisi.
Il deputato Carbonelli, dopo la relazione del ministro, si diceva soddisfatto e lieto.
Al che prende la parola Guglielmo Tocci, originario di S. Cosmo Albanese e dice:
“A me spiace di non poter essere lieto egualmente che il preopinante quanto alla bonifica del Vallo del Crati della mia provincia di Cosenza. Il signor ministro diceva poco fa che una Commissione si era recata colà per studiare la regolarizzazione di tutti i fiumi lungo il Ionio, la massima parte dei quali sono confluenti del Crati. Ora mi duole constatare innanzi alla Camera che questa pratica della bonifica del Vallo del Crati è da dieci anni un desiderio di quella provincia e rimarrà tale per lungo tempo. La provincia si offrì generosamente a sopportare le spese degli studi, ma non approdò a nulla la sua buona volontà. La Commissione di cui parla l’onorevole ministro, non si degnò nemmeno recarsi sul luogo in Cosenza; arrivò appena alla stazione di Corigliano, e non prese nessuna cura speciale di queste opere importantissime; per cui si è ancora allo stesso punto di dieci anni fa, senza che il Governo mostri di volere pel futuro prenderne maggior pensiero”.
La risposta del ministro dei lavori pubblici era scontata. Eccola: “Faccio osservare all’onorevole Tocci che attualmente trattiamo di Brindisi e delle bonifiche dell’agro brindisino. Quanto poi al Crati ed agli altri fiumi lungo il Ionio ho voluto accennare solamente le disposizioni che ha preso il ministro dei lavori pubblici; e l’onorevole deputato Tocci non dovrebbe essere sorpreso, se per uno studio di bonificazione di tanta importanza qual è quello che comprende tutto il versante del Ionio, abbia dovuto attendere non soltanto sei mesi ma sei anni”.
Tocci fa rilevare: “Dieci anni”.
Quell’attesa durò a lungo, mentre la gente si ammalava di quartana e della nefasta terzana, che non perdonava. Si dovette attendere gli anni trenta del secolo scorso, perché fosse avviata la bonifica.
Il giudizio a chi vuole.
Una noticina extra, per aver contezza come andavano le cose nella “nuova Italia”: siccome il deputato Tocci con i suoi interventi e le sue denunce dava fastidio il bel regno italico e suoi governanti adottarono un taglio “del nodo gordiano”. Tocci, alla seconda candidatura, non fu fatto eleggere. Ecco come si risolvevan le quistino, allora. Ora è un’altra storia… o no?
Giuseppe Abbruzzo