Ecodistretto, possibili rischi correlati agli impianti a biogas. Il punto di vista del Biologo.
Possibili rischi correlati agli impianti a biogas. Il punto di vista del Biologo.
Preoccupato per la possibilità di un insediamento di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani con annesso biodigestore volto alla produzione di biogas, alle porte di Acri in località “Chianetti”,
il “famoso Eco distretto”, propongo questa mia analisi dei possibili rischi correlati. Lo faccio anche come cittadino e padre di famiglia, mosso da un sentimento di appartenenza alla comunità (come riportato dal sindaco nel suo intervento del 8 agosto apparso su Acrinews) attento a quello che riguarda la salubrità dell’ambiente nel quale viviamo, cercando di portare un mio contributo al chiarimento di alcuni aspetti che riguardano l’impatto ambientale e le possibili conseguenze sulla salute dell’uomo. Lo faccio libero da beghe politiche e con approccio assolutamente professionale e disinteressato.
Mi soffermo soprattutto sul trattamento della parte organica dei rifiuti e sul digestore anaerobico deputato alla produzione di biogas perché è il processo più complesso e non scevro da rischi di tutto l’impianto. Semplificherò al massimo e con esempi anche banali in modo che tutti possano comprendere. Esso è un vero e proprio insediamento industriale piuttosto complesso, dove i resti di cibo che noi tutti differenziamo a casa, diluiti con acqua di solito con rapporto 1:1 (immaginate quanti metri cubi di acqua occorrono…), vengono “mangiati e digeriti” da popolazioni batteriche ben specifiche, a temperature controllate per tempi di contatto stabiliti, producendo gas, detto biogas. Tutto ciò in un digestore anaerobio, cioè un “grosso contenitore” chiuso ermeticamente paragonabile a una grossa pentola a pressione. Quando tutto quello che c’è “da mangiare” termina, in presenza di ossigeno, cioè all’aria aperta, altri batteri riescono a nutrirsi “dei resti”, finendo l’opera e producendo un compost, cioè un concime simile al letame da poter utilizzare in agricoltura…con le dovute attenzioni (presenza di batteri patogeni eventualmente presenti che restano attivi?). Chiaramente la parte liquida percolata, liquame, dovrà essere trattato a parte.
In generale la tecnologia del biogas nasce come una risorsa aggiunta; consente di riciclare scarti vegetali e deiezioni zootecniche, rifiuti che normalmente non vengono utilizzati e costituiscono un gravoso problema per gli equilibri ambientali e le condizioni di salute della popolazione. Il biogas è anche un modello sostenibile; infatti, il sistema rispecchia in ogni sua parte il principio delle “Tre R”, riduzione, riciclo e riutilizzo, proponendosi di abbassare il consumo di legname, disporre razionalmente dei prodotti di scarto e concimare i terreni agricoli. Purtroppo in Italia
e non solo, a causa degli incentivi statali, è stata in parte snaturato questo principio perché vengono coltivati ettari di cereali, soprattutto mais, da utilizzare eclusivamente alla produzione di biogas e quindi “strappati” all’agricoltura…
Bisogna risalire al XVIII secolo perché la scienza occidentale riconosca ufficialmente l’esalazione di gas prodotta dalla decomposizione della materia organica: Alessandro Volta, osservando il fenomeno, la definisce «aria infiammabile nativa delle paludi». L’italia è il terzo produttore al mondo di biogas (ca 2000 impianti) dopo Germania (ca 8000 impianti) e Cina a cui spetta il primato con una lunga tradizione in merito che dura da 100 anni. Basti pensare che nell’aprile del 1958, il presidente Mao dichiara: «Il biogas può essere utilizzato per illuminare, cucinare e per produrre del fertilizzante; deve essere reso accessibile a tutti».
Entriamo quindi nel vivo della questione.
I biodigestori sono da tempo oggetto di critica in Italia e in Europa per via dei forti miasmi emanati (=esalazioni malsane) nel processo di lavorazione e la forte incidenza di inquinamento idrico nelle aree circostanti gli impianti: gli odori sono rilasciati sia in fase di pre-fermentazione che di post-fermentazione (quindi al di fuori del digestore…) mentre, soprattutto in Germania, la lavorazione del digestato ha fatto registrare diversi casi di inquinamento delle acque, con 50 bacini inquinati solamente in Baviera nell’arco di 8 anni. Episodi analoghi si sono verificati anche in Umbria, sempre a ridosso dei centri di produzione del biogas. Le cause principali di questo fenomeno sono da additarsi solitamente all’insufficiente impermeabilizzazione dei siti dove sorgono gli impianti, alla presenza di crepe nei serbatoi e nelle tubazioni. In questo modo l’acqua degli impianti a pressione può penetrare nel suolo o raggiungere direttamente le acque sotterranee. Incidenti che possono capitare!!!
A tal proposito, nelle ottime dispense dell’Ing Massimiliano Sassi, “Rischi collegati agli impianti a biogas”, liberamente scaricabili su internet, oltre che mostrare la complessità di tali impianti e dell’intero processo, si pone l’attenzione proprio sui possibili rischi che tali impianti hanno.
Nell’articolo a cura di alcuni ricercatori dell’Istituto Superiore della Sanità, Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, sebbene si parli di digestati (compost) prodotti da liquami agricoli (non è detto che in caso di necessità non arrivino anche questi nell’ecodistretto…), si conclude dicendo che “desta una significativa preoccupazione la capacità di alcune specie microbiche, in particolare Clostridium botulinum, il batterio responsabile del Botulino, di sopravvivere in condizioni di anaerobiosi e alle temperature utilizzate nel processo di digestione. Tuttavia, al momento in Italia non è stata dimostrata in laboratorio alcuna correlazione tra i focolai di botulismo e lo spandimento di digestato sui suoli agricoli”.
Riguardo al gas prodotto, il sindaco nel suo intervento dell’8 agosto apparso su Acrinews, ha precisato che il metano prodotto sarà immesso in rete. Bisogna però precisare che non tutto il biogas è metano, ma solo una percentuale che varia dal 50 al 70-80%. Pertanto il restante gas va bruciato sul posto mediante la cosiddetta “Torcia”, cioè un “bruciatore” dove per combustione viene consumata la parte di biogas rimanente. In tutti gli ecodistretti nei quali si produca biogas è presente la Torcia!
E’ proprio il biogas a rendere pericoloso l’intero impianto: un’enorme bombola di gas! Gli incendi e le esplosioni non sono una rarità!!!
Sempre in Germania, chiamata in causa perché all’avanguardia e dove “tutto funziona”, si sono registrati dal 2010 ad ora circa 100 incidenti che comprendono non solo svasamenti di contenuto fetido dei digestori nei corsi d’acqua ma anche tante esplosioni e tantissimi incendi. Anche con persone ferite e ustionate. In un caso un ustionato è morto.
Senza voler tediare il lettore, riporto solo alcuni degli incidenti avvenuti in Italia:
Il sindaco di Subbiano chiude il sito con un’ordinanza. Continui sversamenti dalla centrale a biomasse. Seriamente inquinato il torrente Talla Arezzo, 17
giugno 2013
Pertegada (Udine): fiamme nell’impianto di biogas 29 giugno 2013
Centrale a biomasse: un esposto in procura e la richiesta di uno screening
medico sulla popolazione giugno 28, 2013 RIVAROLO CANAVESE (TO)
I carabinieri del Noe fanno scattare i sigilli all’impianto delle Serre Cattivi odori e materie prime non autorizzate, sequestrata e chiusa la centrale biogas Siena, 23 luglio 2013
Esalazioni maleodoranti dagli impianti per l’energia elettrica da biomasse: estate difficile per gli abitanti di Selci Lama. Completata una nuova petizione con oltre 600 firme.
E’ il più grave incidente da biogas in Lombardia. 1500 mc di liquame denso da una vasca spaccatasi finiscono nell’ADDA (3 settembre 2013) cascina Zodegatto di Cervignano d’Adda
Brembio, 28 settembre 2013 – L’aria irrespirabile e veleni nei canali. Questo lo scenario di Brembio ieri, dopo che è esploso un serbatoio nell’impianto a biogas. L’impianto è stato sequestrato dalla magistratura. Gli uomini dell’Arpa hanno preso campioni di acqua inquinata dai canali, per capire il danno ambientale dopo l’incidente alla centrale biogas “Brembio Energia”. Proprio qui, nella notte tra mercoledì e giovedì, dall’impianto si è verificata una fuoriuscita di digestato (reflui zootecnici e residui dalla produzione di energia, ndr) che hanno invaso una roggia vicina e il canale del Brembiolo.
A GALATONE Sequestrata centrale biogas, tre denunce L’operazione effettuata dal Corpo forestale di Lecce e dalla polizia provinciale. Scoperte numerose irregolarità LECCE – Sequestrato impianto a biogas da fermentazione anaerobica per la produzione di energia elettrica in assetto cogenerativo a Galatone realizzato dalla società Renewable Energy S.r.l. con sede legale a Lecce. L’operazione è stata effettuata dal Nipaf (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale) del Corpo forestale dello Stato di Lecce e dalla Polizia Provinciale di Lecce.
Chiaramente il mio intento non è quello di fare del terrorismo ma di sensibilizzare la cittadinanza tutta sui possibili rischi biologici cui si può andare incontro.
Che sia chiaro, l’eco distretto è indispensabile affinché i rifiuti differenziati possano essere riciclati e possa essere recuperata della preziosa materia prima come già detto in precedenza, ma l’ubicazione va ponderata molto bene e quindi certe decisioni non si possono prendere a cuor leggero.
Vado quindi a rispondere alla domanda del Sindaco nel suddetto articolo: “Allora mi chiedo e vi chiedo il problema è la realizzazione dell’eco distretto o la realizzazione dello stesso in località Chianette?”
Innanzitutto se anche lei se lo chiede mi fa piacere!. Forse ha dei dubbi… Ma visto che è arrivato a leggere fin qui, forse adesso avrà le idee più chiare sui rischi e pericoli ai quali sottoporrà l’intera cittadinanza, compreso lei e la sua famiglia.
Considerando che ci si augura che sia un eco distretto all’avanguardia costruito e gestito a regola d’arte (a proposito, chi lo gestirà? Mi auguro che il meccanismo non sia lo stesso dei depuratori, cioè privati con gare di appalto a ribasso…), poiché i rischi d’incidente sussistono e sono particolarmente nefasti, IL MIO PARERE È ASSOLUTAMENTE NEGATIVO IN QUEL SITO.
Anche se la destinazione d’uso della località “Chianetti” è di tipo industriale, poco interessa! Del resto gli artigiani di Acri (auto meccaniche, falegnamerie, carrozzerie, ecc…) aspettano da tempo un lotto per svolgere il proprio lavoro al di fuori del centro abitato per potersi ingrandire ed assumere altro personale. Ma trattasi di ben altro tipo di attività! Senza voler uscire dalle mie competenze, ma nella valutazione dell’ultimo P.A.I. (Piano di Assetto Idrogeologico) la zona “Chianetti” mi sembra sia stata inclusa o comunque è confinante con zone a pericolosità elevata (IP4) e media (IP3)…
La ponderazione va sempre fatta nel rapporto rischio beneficio che in questo caso è spostato assolutamente verso il rischio.
Le motivazioni a mio avviso sono:
Eccessiva vicinanza al centro urbano. Come si evince dall’immagine, in linea d’aria abbiamo circa 2 km e pertanto la possibilità che siano
avvertiti dalla popolazione dei miasmi è altissima;
Il sito è posto ad ovest del centro urbano, quindi sulla direttrice del vento predominante. Pertanto il rischio soprariportato è amplificato con l’aggravante che in caso d’incidente (incendio, scoppio, sversamenti, malfunzionamenti, guasti, ecc…) non ci sarebbero i tempi tecnici per intervenire sulla popolazione: non oso immaginare le conseguenze tossicologiche ed infettivologiche sulla salute umana e sull’ambiente circostante;
Essendo zona montana, in caso di sversamento di liquami, il rischio di inquinamento delle falde acquifere è altissimo (cosa molto diversa se si trattasse di sito in fondovalle…). Ricordo che i liquami dei digestori sono altamente inquinanti non solo per la carica organica ma anche e soprattutto dal punto di vista microbiologico!!!
I fumi e miasmi derivanti dalla torcia seguono la stessa sorte ma 365 giorni l’anno;
Eccessiva vicinanza di aziende agricole e di zone coltivate (vocazione del territorio);
Sarebbe necessario un piano d’intervento, coordinato con l’Azienda Sanitaria, di monitoraggio ambientale continuo, con delle centraline dislocate sul territorio in punti strategici volte alla ricerca di eventuali sostanze cancerogene e /o dannose alla salute pubblica. Utopia?
Eccessivo traffico lungo la SS 660 che diventerebbe un imbuto per centinaia di camion con eccessivo impatto ambientale (gas di scarico cancerogeni, rumore, ecc…) Un tragitto anti-economico assurdo evitabile collocando l’eco
distretto a valle, in un sito lungo l’autostrada. Del resto l’Austria continua la battaglia contro l’Italia e la Germania a causa dell’eccessivo numero di T.I.R. che l’attraversano causando inquinamento non più sostenibile.
Le aggiungo che non penso che nel comune di Acri ci siano siti adatti conoscendo l’orografia del territorio.
MI AUGURO CHE LE ISTITUZIONI PREPOSTE LAVORINO CON SERENITÀ E SERIETÀ nella scelta del sito dell’eco distretto nell’ambito della provincia di Cosenza, che ripeto, è indispensabile ma va costruito in luogo adatto.
Gianfranco Gallipoli Biologo
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