Il pifferaio magico è esistito?
Altra volta ho scritto su “Confronto” sulla favola del pifferaio magico attribuita ai Fratelli Grimm; vi ritorno per dare altre notizie e sollecitare eventuali riscontri a chi volesse farli.
Premesso che i Fratelli Grimm nacquero tempo dopo che l’abate Calmet scrisse su questa “favola”, che loro attribuiscono al popolo. Quanto riporta il citato autore, però, è molto particolareggiato e merita ulteriori riflessioni rispetto a quanto abbiamo già riportato.
Il suddetto a proposito del nostro assunto dice: “Non rifererei questo esempio cotanto straordinario, se non fosse asserito da più d’uno Scrittore, e registrato nei pubblici monumenti d’una Città considerabile dell’Alta Sassonia chiamata Hamelen nel Principato di Kalemberg, dove insieme s’uniscono i due fiumi Hamel e Veser”.
Precisa che quanto fu messo in atto dal pifferaio magico si verificò il 1384.
Dopo aver narrato come si svolsero i fatti, il nostro autore tiene a precisare: “Una giovane che li seguitava da lungi, fu testimonio del fatto e ne recò la nuova alla Città. Si mostra ancora in questa montagna una profondità, nella quale dicesi, che quell’uomo abbia fatto entrare i fanciulli, e in un angolo di quella foce v’è una iscrizione tanto antica, che non si può rilevare, ma la storia è rappresentata su le finestre della Chiesa, e dicesi per cosa certa, che negli atti pubblici di quella Città si usa anche al dì d’oggi (ndr 1759) di mettere le date così: fatta l’anno …. (sic) dopo la sparizione dei nostri fanciulli”.
Non credete a Calmet? Bene! Egli suggerisce di consultare “Vagenseil, Oper. Libror. Juvenil. Tom. 2 p. 295 e la Geografia di Hubner, e ‘l Dizionario Geografico di Martiniere sotto ‘l nome Hamelen”.
Le indicazioni, su quanto abbiamo riportato, sono tante e particolareggiate. Allora? Chi volesse può verificarle e dire una parola chiara sul tutto.
Interessante, però, è la considerazione di Calmet, che ci sembra non sia poi tanto convinto di quanto riportato:
“Se questo racconto non è favoloso del tutto, come ne ha l’apparenza, non si può credere quell’uomo altro che un fantasima, o un Genio cattivo, il quale per divina permissione abbia punito la mala fede di quel popolo nella persona de’ fanciulli ancorché innocenti della infedeltà de’ i padri”. È da ricordare che i padri erano venuti meno alla parola data.
Avevano ragione i nostri antenati, quando stigmatizzavano: L’omu ppe’ la parola e li vua ppe’ li corna. C’era qualcuno, però, che traslava: ‘I vua ppe’ la parola e l’omu ppe’ li corna.
Continua ancora il nostro autore: “Potrebbe darsi, che un uomo avesse qualche secreto naturale per raccogliere i topi, e precipitarli nel fiume; ma a far perire tanti innocenti per vendicarsi de’ loro padri non vi vuol meno d’una violenza diabolica”.
Chiudiamo col dire: Abbiamo detta la nostra ora dite la vostra.
Giuseppe Abbruzzo