Divagazioni sotto l’ombrellone: i paradossi di un paese sempre più indecifrabile.

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In questa torrida estate 2019, un po’ per gli effetti della calura, un po’ per un’inveterata voluptas dolendi, ci vengono spontanee alcune riflessioni sul futuro di un Paese, sempre più “nave senza cocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello”.

Il panorama politico offre, a tutti i livelli, uno scenario desolante. La compagine di governo assomiglia sempre più a un’armata Brancaleone: continui contrasti, liti, interessi frazionali, finiscono per indebolire un esecutivo, nato in mezzo a mille difficoltà. Le due componenti hanno interessi sempre meno coincidenti e uno dei due ha finito per ingrassare ai danni dell’altro.

Del PD abbiamo già detto e lo stato comatoso appare sempre meno reversibile. Le poche energie sono risucchiate da un correntismo degno della migliore D.C., che finisce per indebolire l’azione del Segretario.

Del resto del panorama politico potremmo sinteticamente scrivere: non pervenuto.

In un siffatto scenario, interviene, prepotente, la richiesta delle regioni del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia in primis), che, con la scusa dell’autonomia, chiedono di versare meno soldi nelle casse centrali, sostenendo di inviare a Roma 90 miliardi in più di quanto ricevono, a differenza del Sud, che riceverebbe 37 miliardi in più di quanto versa. In tutto questo ragionamento, omettono di considerare che si versa in relazione al reddito prodotto, conseguentemente, se sei più ricco e produci più ricchezza, devi per forza versare di più. Un ragionamento a cui dovrebbero arrivare facilmente coloro che ogni anno si abbeverano alle foci del Po’.

Se guardiamo al di fuori della politica in senso stretto, siamo pervasi ancora di più dallo sconforto. La magistratura sta attraversando uno dei periodi più burrascosi della sua lunga storia. Il settore produttivo, la scuola, la formazione, languono e, stando alla verifica dei risultati, c’è da stare poco allegri.

C’è però un dubbio che ci attanaglia e che – per quanto riguarda la scuola – potrebbe essere la chiave per la risoluzione del problema. Sappiamo – e lo abbiamo scritto altre volte – dai dati sulle prove INVALSI che i nostri ragazzi non eccellono in materie fondamentali come matematica, inglese e italiano. Sappiamo, altresì, che quegli stessi ragazzi, quando vanno a studiare o a lavorare all’estero, non sfigurano affatto nei confronti dei loro coetanei francesi, tedeschi o inglesi. Non sarà che il nostro sistema didattico e i parametri di valutazione, ancora strettamente ancorati al secolo scorso, alla lezione frontale, etc, sono anacronistici rispetto a una generazione del terzo millennio abituata al linguaggio e alla comunicazione digitale?

Non abbiamo risposte preconfezionate. Il nostro compito è quello di instillare il dubbio, se possibile, favorire il dibattito, non altro. Un fatto è certo: l’unica via per una ripresa in tutti i settori è quella di un adeguamento del sistema alle mutate condizioni e ai tempi. Non garantisce il risultato ma non abbiamo alternative. 

Massimo Conocchia

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