Attenti al venerdì
Il venerdì è ritenuto giorno nefasto, perciò: -Attenzione!
Un vecchio detto, comune in tutta Italia, recita:
‘E vènnari e de marti
né si spusa, né si parti.
In alcuni luoghi si ha l’aggiunta:
né si dà principiu all’arti.
Perché, anzitutto, si ritiene nefasto questo giorno? I cristiani risponderanno: – Perché in questo giorno è morto Cristo -. Gli studiosi diranno che questo giorno era ritenuto nefasto prima della detta morte. Noi non ci perdiamo dietro a tale disputa ed esplichiamo quanto riportato in apertura.
Sposare di venerdì? Mai! Si precisa che a farlo morirebbe uno della coppia; che la vita di coppia sarebbe ricca di sciagure; che è molto probabile che non si avessero figli ecc. ecc. A evitare tutto questo di venerdì non si convola a nozze.
In alcuni luoghi d’Italia si riteneva che l’anno che incomincia di venerdì “l’invernata sarà faticosa e giazzata; la primavera e l’estate ventosa per tempo, ed anco un poco umida, l’autunno secco, copia grande di biade e basso prezzo, vino assai, regneranno mal di occhi, moriranno molti fanciulli”, e ci fermiamo qui.
Da noi era proibito ridere, perché: – Chini ridi de vènnari chiangi de sabatu -.
Le donne non pettinavano i lunghi capelli. Non si iniziava lavoro, perché tutto sarebbe andato a rotoli. Così nessuno dava principio all’arte.
Il divieto del partire è ormai scarsissimamente osservato.
I venerdì di marzo erano i più temuti.
Nascere di venerdì presagiva una vita sventurata; lo era di più se l’evento avveniva in un venerdì di marzo. Nino Martino, nella ballata, che narra le sue imprese e la sua fine, si rammarica sul palco, dove è stata allestita la forca:
‘U vènnari de marzu sugnu natu:
chi fussi mùortu ‘mmrazz’ a mamma mia!
Nino, come è noto fu liberato. La sua morte avvenne diversamente, anche perché era nato, per sua sfortuna, un venerdì di marzo! Come fa rilevare la saggia anziana detentrice della Cultura popolare.
Una grave sventura era il dover mangiare rigorosamente di magro, a meno che non si fosse avuta una speciale dispensa.
Negli ultimi anni di guerra e quelli immediatamente dopo si pativa la fame. Noi ragazzi ponevamo sempre la stessa domanda a un prete, che non aveva parrocchia e viveva stentatamente: – Abbiamo mangiato lardo di venerdi… abbiamo fatto peccato? -. Ovviamente non era vero. Lui, invariabilmente rispondeva: – No, assolutamente! non è peccato… hai mangiato in bianco -.
Ora il venerdì si mangia carne, ma il resto, come detto, è rispettato, in parte, rigorosamente.