La politica non ha mai unito il territorio di Acri
Da un nostro affezionato lettore riceviamo e pubblichiamo:
Sono cresciuto a San Giacomo, piccola frazione di Acri, e voglio raccontarvi un
qualcosa che poi in fondo è quello che in noi oggi rispecchia l’essere diversi, perché lo si vuole. Erano i mitici anni 70, il boom dell’economia industriale ed economico e io, figlio di un operaio e di una commerciante, di nome Giuseppina, che con il suo piccolo negozio di alimentari tirava avanti la famiglia, tra terreni da gestire, qualche animale da cortile e il famoso maialetto per il comodo familiare; mio padre, che lavorava a Camigliatello per una azienda costruttrice di case e ville, scendeva da noi il fine settimana, e non riusciva nemmeno a raccontarci qualcosa di bello, visto il poco tempo a disposizione. Ci
regalò una Tv, che con i tre canali che si vedevano dava quel senso di apprendere cose non vicine a noi, quello che più colpiva era il carosello, c’era la tribuna stampa politica e qualche film tipo Belfagor.
Una sera di giugno ero con i miei coetanei e giocando, da lontano, sentivamo in tarda serata i clacson delle macchine che suonavano a festa, con una in special modo, che con un megafono cantava “Avanti o popolo alla riscossa, bandiera rossa”, c’erano state le elezioni e il Partito Comunista Italiano le aveva vinte. Il sindaco di Acri era il signor Angelo Rocco, noi da giovani che eravamo, non potevamo fare altro che festeggiare, correndo dietro le auto. Poi
venne l’estate e in piazza qui a San Giacomo c’era la Festa dell’Unità, strana parola, ma che cosa importava poi a noi giovani?
A noi interessava il cantante, il panino con la salsiccia, e avanti o popolo. E
poi a Pagania cresceva il numero di case e tutti erano felici. Vicino casa mia aprì una radio, Radio Pank, che per me personalmente fu il passatempo più importante, perché mi permetteva di coltivare la mia passione per la musica. Poi c’erano le dediche, che, tramite le chiamate a casa mia poi venivano girate alla radio, insomma, tra musica e dediche, il movimento, e soprattutto lo stare insieme, era unico, altri tempi. Il tempo passa e il mio piccolo borgo cresce, e come cresce, San Giacomo, anche Acri cresce, tanto che quando venivo dai nonni, Acri centro mi sembrava un mondo bello e magico. Poi la scuola e Acri era il massimo che potevi chiedere, amici nuovi, mondo nuovo e anche se il panino con la mortadella aveva lo stesso gusto di quello che mia madre vendeva c’era quel non so cosa
che cambiava, vedevo il fiume Calamo finire sotto una colata di cemento,
ma Acri era Acri. La politica era lì con i suoi colori e i suoi saperi, ma quel qualcosa di grezzo rimaneva, magari, il nome del politico cambiava, ma c’era quella maledetta pecca che anche oggi viene ereditata, e cioè la differenza tra, San Giacomo, Acri e Serricella. Ancora oggi ci classifichiamo in diversità, di ragione, pensiero e qualità, dalla parte di San Giacomo, si dice “chillu e Eacri” e quelli di Acri “si ciuati e da Pagania”, e lo stesso per gli amici di Serricella. Per carità, ormai non si fa più caso a queste sciocchezze, ma da tanti ancora lo si sente dire, e fa male, quel famoso slogan della Festa dell’Unità in realtà non ci ha mai uniti, ma resta per me l’amaro in bocca, sarà che amo la mia terra, sarà che le diversità tra popoli finirà, però, lasciatemelo dire, se un giorno, un sindaco, ad Acri sarà di Serricella o di San Giacomo, cosa cambierà in questa
comunità? Cosa ci dovremmo aspettare? Che i figli dei nostri figli hanno capito che si è tutti uguali o tutti uniti?
Santo Bifano