A proposito della leva obbligatoria postunitaria

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A proposito della leva obbligatoria dopo l’Unità d’Italia, alla quale faceva cenno Massimo Conocchia nel suo articolo “Un po’ di antistoria”, voglio far rilevare che, sotto questo aspetto, si era caduti dalla padella alla brace. Si era tanto criticata la leva militare dei Borbone, ma non lo si fece per quella, oltremodo peggiore messa in atto dai Savoia.

La leva era molto lunga, ma vi era la possibilità del cambio (cosa che si aveva anche nel regno delle Due Sicilie) ossia del sostituto al posto della recluta, pagando una somma altissima e non alla portata di tutti. Si trattava, nella nuova Italia – che avrebbe dovuto vedere, finalmente, tutti i cittadini uguali, nel godere vantaggi – di un privilegio riservato, come al solito, ai soli ricchi! Era questo uno degli inconvenienti “non lievi” della legge di leva postunitaria. Quanto fosse ridicola l’attività della commissione savoiarda, che esaminava la recluta e il sostituto o cambio che dir si voglia, lo lasciamo dire a un raro giornale napoletano del gennaio 1863, Il Nomade.

Stralciamo, trascrivendo pedissequamente:

STRATAGEMMA DI UN PADRE.

Il cambio pecuniario voluto dal governo, in ducati 730, è enorme. Mille sono i casi in cui una famiglia non ha che un solo sostegno relativo, e lo conserverebbe col sacrifizio di qualche centinaio; ma la somma di mille ducati circa tra cambio e spese non è da tutti; epperò la famiglia perde spesso sostegno e vita. Il governo non deve far differenza fra recluta e cambio (individuo). Basta che abbia un uomo adatto al servizio militare; oltrediché il cambio talvolta è più valido della stessa recluta. Ma anche ciò è poco. Severissimi sono gli scrutini sul cambio più che sulle reclute, né si comprende il perché. Se la parola cambio o scambio, in italiano vuol dire l’uno per l’altro, non sappiamo per qual ragione le commissioni di leva si contentino di una recluta regolare, e voglian poi il cambio arci-perfettissimo.

S’incomincia dall’osservare che il cambio dev’essere qualche linea più alto del coscritto, come se il primo fosse costretto ad accorciarsi per via, e l’altro no, oltre mille altre severità. Avvenne a questo proposito in Torre del Greco un caso curioso e strano.

Un padre presentò alla commissione di leva un giovane dicendo: questi è il cambio di mio figlio. La commissione fu severissima, e lo scartò. Allora il genitore disse: vi ringrazio, perché è proprio mio figlio. La commissione soggiunse; no, no, bisogna esaminarlo di nuovo; e riesaminato, fu ammesso. Allora il genitore tornò a dire: “Scusate, signori, se vi dico che questi è il cambio, e non mio figlio, come conosce tutto il paese, e, secondo la vostra sentenza resta ammesso”.

Così si procedeva! È ridicolo?

Massimo Conocchia si preoccupava che qualcuno l’avesse potuto tacciare di borbonismo.

Dobbiamo preoccuparci d’essere tacciati di savoiardismo di fronte a queste ridicolaggini, delle quale, però, qualche professore ci sconfesserà, avendo un solo “vangelo”, dicendo: “Il mio libro di storia non lo dice!”.

È vero. La ricerca scolastica è solo e semplicemente quello che una volta si diceva copiato.

Ha ragione, perciò, chi vede nel libro di testo il “vangelo scolastico”.

La Storia, quella vera è un’altra cosa! Forse, però, aveva ragione un giornale torinese, dell’epoca suddetta, a porre sotto la testata quanto scriveva Pascal nelle Provinciali: “La charité quelquefois oblige à rire des erreure des hommes”

Giuseppe Abbruzzo

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2 risposte

  1. Franca Azzarelli ha detto:

    Caro Professore Abbruzzo, neanche il mio libro di storia lo diceva, ma poi crescendo, imparando a ragionare e verificando, ho constatato che quel libro era stato scritto dai vincitori!
    Interessante l’articolo del giornale napoletano, che non conoscevo. Grazie!

  2. Giuseppe Abbruzzo ha detto:

    Cara Professoressa,
    continuo a ringraziarla, per l’attenzione che pone ai miei interventi.
    Lei ha colto il senso della battuta ironica su chi, da persona colta quale si crede, non riesce a uscire dal libro di testo.
    C’è chi ricerca e chi va avanti stancamente e… mi fermo qui.
    I giornali dell’epoca, introvabili in gran parte, ci riserbano non poche sorprese e, certo che le notizie che ne vengono fuori fanno piacere a persone attente come Lei, cerco di renderle note e porle a commento di aspetti poco conosciuti della storia locale e di quella d’Italia.
    Ancora grazie per l’attenzione e l’interesse che presta alle mie piccole argomentazioni.

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