Il maestro Vincenzo Pirillo: figura poliedrica, non adeguatamente valorizzata

Uno dei propositi del nostro sito, all’atto della sua costituzione, è stato quello, dichiarato, di contribuire alla riscoperta di figure nostrane di alto profilo, non sufficientemente comprese e valorizzate in vita. Lo abbiamo fatto la scorsa settimana con il poeta contadino Angelo Serra e continuiamo, oggi, con il Maestro Vincenzo Pirillo, figura insigne e poliedrica di educatore, poeta, scultore. A volte, nella valorizzazione del passato, si usa un metodo particolare, basato su metriche contingenti e di opportunità, su cui, ovviamente, non possiamo convenire.

La qualifica di Maestro non è solo da riferirsi all’occupazione principale di Pirillo, d’insegnante elementare, ma anche, e diremmo soprattutto, di scultore e poeta in lingua e dialetto.

Come educatore, negli anni ’60, epoca alla quale possono risalire i miei ricordi di bambino, non fu adeguatamente compreso da molti dei suoi colleghi, per la sua didattica assolutamente antiautoritaria e innovativa. Il Maestro Pirillo fu precursore dei nuovi programmi della scuola elementare (1985), pieno sostenitore di un metodo educativo teso a fare emergere, spontaneamente, le inclinazioni del ragazzo, che non era, e non è, solo “intuizione, sentimento e fantasia”, ma essere raziocinante e in grado di sviluppare criticamente, già da infante, le nozioni che gli vengono proposte.

Sto parlando di un’epoca nella quale era attiva e istituzionalizzata la scuola differenziale, nella quale sarebbero dovuti convergere ragazzi ritenuti, diremmo oggi, “diversamente dotati”, che venivano, senza alcun criterio scientifico, imbottiti di cianocobalamina (Vita B12), ritenuta erroneamente una panacea per lo sviluppo delle funzioni cerebrali e cognitive. Di fatto, la scuola differenziale, era una sorta di ghetto, nel quale finivano per convergere bambini difficili, visti come “indesiderati”, per essere troppo vivaci, iperattivi o sostanzialmente svogliati. Molti di quelli che frequentavano, ai miei tempi, quel tipo di scuola si sono, poi, presi la loro rivincita, affermandosi nella vita come commercianti di successo, imprenditori, etc.

In generale, all’epoca, lo strumento principale a disposizione del maestro era la bacchetta, simbolo di una metodica basata sulla repressione. Come non ricordare sistemi coercitivi per tentare erroneamente di “correggere” quelle che erano ritenute “inclinazioni erronee” nel bambino, come il mancinismo: veniva legata alla sedia la mano sinistra, costringendo l’alunno a servirsi della sola mano destra.

Il Maestro Pirillo abborriva questi sistemi e, nella sua classe, i bambini erano liberi di comportarsi come volevano. Chi non aveva voglia di seguire la lezione, poteva, tranquillamente e senza permesso, abbandonare l’aula e rientrare alla fine della lezione. Pirillo riteneva, giustamente, inutile, e dannoso per gli altri, costringere qualcuno a seguire qualcosa, da cui non avrebbe mai appreso nulla, per atteggiamento oppositivo. Non infrequentemente, chi usciva, era, poi, portato a rientrare spontaneamente, attratto dai sistemi didattici, assolutamente innovativi per l’epoca, basati – coerentemente con il metodo Montessori, su Rousseau, Tolstoj – sul gioco e sul favorire la curiosità di chi ascoltava.

Ricordo che guardavamo esterrefatti quell’aula in cui ognuno era libero di comportarsi come voleva e non capivamo né avremmo potuto capire la valenza innovativa di certi metodi. Solo molti decenni dopo, leggendo libri come “Diario di scuola” (Pennac) o “Mio figlio non sa leggere” (Pirro), compresi la portata di quei sistemi e quanto quell’uomo era avanti rispetto alla sua epoca. Ricordo, tra i suoi alunni, un mio amico d’infanzia che non riusciva a leggere né a contare. Dopo due anni da ripetente, approdò nella classe di Pirillo, che comprese subito che il bambino aveva un problema e non era, come erroneamente ritenuto, uno svogliato. Concetti come disgrafia, dislessia, discalculia (i cosiddetti DSA), vennero coniati in quegli anni, precorrendo anche in questo i tempi, dal Maestro Pirillo. Il mio amico riuscì, miracolosamente, a leggere grazie agli innovativi sistemi. Progredì negli studi fino al diploma di secondaria superiore, con ottimi risultati. 

Pirillo non fu, come già anticipato, solo maestro elementare ma scultore di valore e poeta di spessore, sia in lingua che in dialetto. Come scultore, ricordiamo alcuni busti: quello del Sen. Francesco Spezzano, di Antonio Iulia, di Filippo Giuseppe Capalbo, solo per citarne alcuni.

Ci piace, infine, concludere la sua presentazione, con due sue composizioni, una in dialetto, l’altra in italiano.

‘U SUPPÙORTICU

Ricoglitùru d’ugne stìerr’ umànu:

‘ncarnav’ ‘u pùorcu e cuvernav’ ‘u canu.

Intra ‘ssa zanca, ‘i vìermi, ‘i muscagliùni

‘ngrassavanu fidìci a munzellùni!

Nidu de papparòni e de zampàni,

casa de spirdi de li cientu mani…

quann’era pittirìllu, ohi chi spamìentu….

Ci passava fujìennu cum’ ‘u vientu…

Massimo Conocchia

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