L’isola che c’è

La riflessione sulle potenzialità commerciali dell’isola pedonale ritorna ciclicamente. Forse perché con altrettanta periodicità ci si deprime, se solo si ha il tempo e la voglia di percorrere il tratto che unisce le due principali piazze della città: Matteotti e Sprovieri.

Nell’immaginario collettivo della mia generazione e di quelle prossime c’è uno spazio spesso costipato di gente, con negozi pieni e affari a più zeri. Quando vivi i bei tempi nessuno te lo dice e non te ne rendi conto, ma il tempo restituisce quella magia da lontano.

Oggi l’isola pedonale è l’emblema di un declino, che non è solo commerciale, ma invade altri ambiti. Che ci sia la crisi è il segreto di Pulcinella, ma manca quella voglia di socialità che prima c’era e oggi è stata uccisa.

Un esempio: la messa della domenica alla chiesa della SS Annunziata, sempre piena per l’occasione, finisce a mezzogiorno e, fatta eccezione per chi deve rientrare per preparare il pranzo, sarebbe l’ideale per una passeggiata e per l’aperitivo. A quell’ora non c’è un cane, con tutto il rispetto per il migliore amico dell’uomo. Solo pochi anni fa non era così. Eppure non può essere la crisi economica a determinare il fenomeno, perché una passeggiata non costa nulla, se non la suola delle scarpe.

Se vogliamo assumere la prospettiva commerciale, qui il discorso è un po’ più articolato. In molti hanno invocato l’apertura al traffico dell’isola pedonale, come la panacea di tutti i mali. Costoro dovrebbero portare a sostegno dati secondo i quali la crisi dei negozi su Corso Sandro Pertini sia più profonda rispetto ad altre aree del centro cittadino. Basta farsi un giro per capire che non è così, e poi sul corso non c’è una sola attività che non sia raggiungibile, a una distanza di una ventina di metri, da un’auto.

L’isola pedonale fu voluta dall’amministrazione Tenuta nei primi anni del secolo, e non ho difficoltà ad ammettere che non tutti capimmo, compreso chi scrive, la portata culturale di una simile scelta. Perché interdire il salotto di casa al traffico veicolare è una scelta di civiltà e di qualità della vita.

Oggi addirittura c’è un’amministrazione comunale che ha messo nel suo programma elettorale l’indizione di un referendum per consultare i cittadini sull’eventuale riapertura. Intanto non può essere materia di consultazione referendaria, perché chi abita a San Martino, a Policaretto, a Foresta cosa vuoi che ti dica sull’isola pedonale?

E poi un’amministrazione comunale sta lì per scegliere e su una materia simile deve dire cosa vuol fare, e farlo. Lo scorso anno il consiglio comunale votò, su impulso della maggioranza, per concedere delle agevolazioni a chi avesse deciso di aprire un’attività sull’isola pedonale. Per carità, poca cosa, ma è il segnale inequivocabile di una scelte politica: puntare dal punto di vista commerciale sul corso, altrimenti che senso avrebbero le agevolazioni? Ma questo fa a pugni con l’idea del referendum.

Per la cronaca: finora nessuno ha goduto di questa opportunità, perché nessuno ha alzato la saracinesca negli ultimi mesi.

In ogni caso, si tratta di un corso lungo 270 metri. Vi sono 25 esercizi commerciali aperti e 26 chiusi, più alcuni studi professionali, quantificabili intorno alla decina. E’ un’area ad alta vocazione commerciale e, al di là della crisi che c’è, ma che va fronteggiata, è l’amministrazione comunale che deve spiegare che cosa vuol fare del proprio salotto.

                                                                                           Piero Cirino

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2 risposte

  1. Alessandro ha detto:

    …Semplicemente non esiste.
    Allo stato, è l’area più depressa che ci sia da tutti i punti di vista. Il non senso assoluto di una città, di un luogo, di un corso, di una area pedonale che è divenuta negli anni la latrina di una città nell’anarchia, menefreghismo e qualunquismo di tutti…
    L’apertura (sia pur limitato) al traffico dal lunedì al sabato mattina (…o venerdì sera) con sbocco verso “l’ospedale”, non solo è necessaria ma vitale per chi la vive e la subisce dal punto di vista commerciale/aziendale!
    Altro che referendum!!!
    Basterebbe viverla la città, il cuore della stessa, per capirne il disagio e la desolazione/disperazione di un luogo senza “anima”!!!
    Basta chiacchiere. Ci vogliono fatti e azioni di coraggio concreto.
    Il sole ha seccato i fichi…

  2. Domenico Gallipoli ha detto:

    Una sola considerazione: quanti esercizi commerciali sono ancora aperti in via Padula, dove il traffico è regolarmente consentito h24? Pochissimi, la maggior parte serrati per sempre. Segno questo che non è il traffico automobilistico ad incentivare lo sviluppo di una qualsiasi area urbana. I fattori da prendere in considerazione sono altri e ben più importanti. Disoccupazione, emigrazione, calo delle nascite, proliferazione di attività commerciali dell’estremo oriente, acquisti on line, supermercati. Personalmente posso affermare che il mio contributo economico al sostegno dell’economia acrese si articola in tre punti.
    Cibo: supermercati;
    Abbigliamento, casalinghi, elettronica, etc.: Cinesi;
    Carburante, in loco;
    Quasi tutto il resto on line.
    Per concludere, è prassi dell’acrese distruggere sistematicamente quel poco di buono che in passato è stato fatto. Prendiamo ad esempio la pista ciclabile, inutile e inutilizzata, per la cui realizzazione è stato abbattuto un splendido viale di aceri.
    Svegliatevi, la mente è come un paracadute, se non si apre non funziona.

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