“STUDII SUGLI ASINI”

La ricorrenza del bicentenario della nascita di Vincenzo Padula dovrebbe essere l’occasione per presentarlo nel modo dovuto e invogliare giovani e meno giovani a studiarlo e riflettere su quanto proponeva. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo incominciato a riportare qualcosina, cercando di stuzzicare la curiosità dei lettori.

A proposito: avete letto Studii sugli asini che, il 1856, Padula pubblicò su Il Secolo XIX? No! Vi suggerisco di farlo, perché inducono a meditare su comportamenti umani, che sono simili a quelli degli asini.

La serie di puntate, all’epoca, colpì Emilio Scardaccione, che le ristampò presso lo Stabilimento Tipografico della Sirena e scrisse, fra l’altro: “L’ignoranza ha trono ovunque” e “gli asinelli ne furono inteneriti”; “O amici miei, dissi allora, se fortuna mi vieta financo di cavalcare uno di voi, voglio almeno disannojarmi a contemplarvi”. Sottolinea, poi: “Spinto da nobile sdegno il chiarissimo Vincenzo Padula ardì ridendo dicere verum e presentare al pubblico disprezzo gli asini uomini… mettendo sotto il velo dell’allegoria le cose, che si verificavano sotto i suoi occhi”.

Quegli studi, a parer nostro, non hanno tempo, sono attualissimi, ma sta a voi giudicare.

Per darvene la possibilità, cari Lettori, vi riportiamo qualcosa, omettendo le parti introduttive, pur tanto importanti.

Gli animali stanno insieme, sostiene il Nostro, perché hanno bisogno di grattarsi.

Va rilevato “che i piaceri più delicati si manifestano coi moti del collo”.

Si chiede: “Perché il grattare del collo rende altrui mansueto? Tutti gli animali s’afferrano pel collo; il gallo, il cavallo, ed il verro pungono, e morsicchiano la gallina, la giumenta, e la scrofa nel collo, e le rendono docili e quiete”.

E, ancora: “Non le sole accademie, ma ogni società, vuoi industriale vuoi politica, è un’istituzione di mutuo grattamento. Chi vuol fare fortuna bisogna che vi appartenga. Gli asini, sentendosi asini e fiacchi s’uniscono per aiutarsi a vicenda e grattarsi”.

L’ultima “nota” di questa parte è una terribile “frecciata”, che merita profonda riflessione:

Cento asini possono stare e stanno uniti, perché si grattano; ma cinque uomini d’ingegno s’hanno in uggia, e si fuggono. Perché dunque stupire che la bacchetta del comando rimanga sempre in mano agli asini?”.

Continua a stupire, ancora, l’attualità di questi “studi”, perciò invitiamo nuovamente, chi ne avesse voglia, a leggerli e meditarli.

Quante promesse; quanti buoni propositi non sentiamo ai giorni nostri? Perciò: “L’orazioni inaugurali, le grandi promesse, i lunghi proemii, i tuonanti programmi sono le più volte cose proprie degli asini e dan fortuna agli asini”.

Si cimenti qualcuno a sconfessare quanto riportato!

E, ancora: “Bisogna essere asino per venire adoperato in faccende importanti, e creduto di testa quadra, e di giudizio sodo. Leopardi girò pellegrino e pezzente tutt’Italia, né poté ottenere una cattedra in tutt’Italia ed ora non ci ha cattedra in Italia, dove non si celebri Leopardi. Derisione della fortuna”.

Né finisce qui: “Guai a chi s’ha procacciato la riputazione di essere uomo di spirito! Sarà creduto buono a istruire il paese, non già a governarlo, a divertire la conversazione, non già ad istruirla. Il trave che sostiene il comignolo d’una grande casa, si chiama asinello, e sempre uno o più asinelli son chiamati a reggere una famiglia, una provincia, un regno”.

Tutto è frutto di attenta osservazione: “Gli asini si trovan bene, perché stallano dove gli altri stallarono; imitano il gesto, il riso la pronunzia dei loro superiori, che specchiandosi in quegli asini, vi veggono riprodotta la loro persona, e gli esaltano”.

Nel chiudere una delle “puntate”, Padula dà un suggerimento: “Il mondo è pieno di pozzanghere; fermatevi sur esse, per grande che sia la puzza dell’ammoniaca. – Ma questa non è la via della virtù. – Lo so, amico lettore; ma è la via della fortuna. Arri, arri! asino mio, tornerò a studiarti”.

Avete fatto caso? Chi più è asino, più pretende un compenso alto: “L’asino si vende caro, e per questo fa fortuna. Chi si contenta di poco, mostra di valer poco; una grand’ambizione fa presupporre un grande merito. Le rinunzie degli impieghi sono proprie degli asini uomini, che ne vogliono altri più elevati, e più ricchi”.

Sentite quest’altra: “L’uomo di genio ammira ciò che comprende; e quindi viene stimato un uomo volgare. Al contrario l’uomo-asino ammira ciò che non comprende”.

Allora? Beh, allora: “Per esser felici in questo mondo, abbiate, miei cari lettori, due orecchie, se pure non le avete; e fedeli discepoli dell’asino, spingetene una a tramontana, e l’altra a mezzogiorno”.

Tra due venti opposti, tenetevi in bilico, e siate guelfi e ghibellini nel medesimo tempo”.

Abbiate due coscienze, due nomi, due opinioni ad un tratto”.

Tra due persone, che si accapigliano, carezzate l’una e sottomano porgete il coltello all’altra”.

E infine?

Abbiate una scienza superficiale, una viltà che sappia divenire coraggio, un coraggio che sappia divenire viltà. Insomma siate uomini per metà, ed asini per intero. – Ma questa che ci vendete, è la scienza della bassezza! Lo so, miei buoni amici, ma la bassezza conduce all’altezza; ed io non v’insegno la via di essere virtuosi, ma quella di essere felici”.

È proprio vero: bisogna studiare e meditare profondamente gli “Studii sugli asini” del nostro illustre concittadino.

Ricordate: la discussione su Padula poeta è stato ed è un diversivo, per evitare di farlo conoscere come filosofo, pensatore, giornalista. Studiatelo sotto questi aspetti e vi renderete conto del perché fosse stato tanto avversato in vita.

Giuseppe Abbruzzo

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2 risposte

  1. Franca Azzarelli ha detto:

    Caro Prof. Abbruzzo, ho scritto un unico commento sia al suo articolo che a quello del Dott Conocchia perché entrambi avete considerato alcuni aspetti dell’asino, l’uno in maniera un po’ nostalgica, lei sollecitando la lettura di un Padula grande come sempre e, nello specifico, arguto e ironico. Ho raccolto la sollecitazione e continuo a ringraziarla.

  2. Giuseppe Abbruzzo ha detto:

    Grazie a lei, professoressa, per l’attenzione che rivolge al nostro lavoro e per i continui stimoli e spunti di riflessione. Giuseppe Abruzzo.

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