Il MACA si riconferma teatro di linguaggi multidisciplinari.
Non ci sono parole per descrivere l’emozione e l’entusiasmo che hanno caratterizzato l’evento tenutosi nella Sala Estemporanea del MACA di Acri in un pomeriggio di quasi primavera. The breath of soul è stata la denominazione dell’evento poiché, ancor prima, è così che si intitola il disco del musicista e compositore acrese Danilo Guido. Un pubblico di oltre 120 presenze ha ascoltato e osservato in religioso silenzio l’esibizione musicale intervallata dalla conversazione fra chi scrive, Roberto Musolino, Jazzista e produttore del disco, a capo dell’etichetta discografica NSJ Musica di Roma e Danilo Guido, il quale ha raccontato la genesi del suo lavoro attraverso gli aspetti emotivi e quelli più propriamente tecnici che gli hanno consentito di giungere ad un risultato certamente eccelso, così come testimoniano – oltre all’apprezzamento del pubblico, alle attestazioni di stima e a ben due standing ovation – anche le importanti recensioni, ricevute fra gli altri, da Geoff Westley e Marco Zurzolo. L’evento, come detto nel comunicato di presentazione, è stato organizzato e curato dal Comitato di Gestione del MACA con la collaborazione del Direttore Artistico.
Voglio riportare i pensieri e le sensazioni che ho tratto dall’ascolto del disco di Danilo e che credo possano ben descriverne gli “scenari” a partire dalla quella che è la mia formazione: “In questo lavoro mi sembra di poter sentire i contrasti e la frammentazione tipici della contemporaneità, appartenuti, però, in fondo già alle Avanguardie Artistiche dei primi del Novecento; se è possibile realizzare delle similitudini mi sembra di poter ravvedere le atmosfere e gli scenari tipici del Surrealismo, con le libere associazioni di idee di ascendenza Freudiana; ma con le sue pause e le sue accelerazioni repentine ravvedo gli aspetti tipici del Futurismo, la corsa, il moto continuo in avanti, quella voglia di rappresentare la velocità pur restando fermi. Suoni spezzati, brani fatti di linee rette, di segmenti interrotti, di angoli, quasi a poter realizzare, guidati dalla musica, vere e proprie architetture; qualcosa che si frantuma e che poi in fretta si ricompone, ma secondo un nuovo ed inconsueto ordine. Non possiamo fare altro se non metterci in ascolto, per essere accompagnati a percorrere questo nuovo ordine di cose.”